Giurisprudenza

CONTRATTO DI APPALTO: VIZI IMMOBILE CONDOMINIALE - In tema di legittimazione all'esperimento dell'azione di responsabilità dell'appaltatore da parte di un singolo condomino per difetti di costruzione di un immobile condominiale si è espressa la Corte di Cassazione, Sezione II civile, con l'ordinanza n. 11606 del 11.04.2022.

Quindi, partendo dal presupposto che, ai sensi degli artt. 1667 e 1668 c.c., l'azione per fare valere la garanzia è di natura contrattuale e che quindi spetta soltanto al committente farla valere poiché è nei suoi confronti che l'appaltatore si è obbligato, qualora tale committente sia un condominio le soluzioni sono due.

Se ad agire in giudizio è il singolo condòmino munito di un idoneo titolo negoziale preesistente legittimante la rappresentanza comune, può ottenere, con riferimento ai danni delle parti comuni, il risarcimento per l'intero condominio.

Qualora invece tale condomino non sia munito del suddetto titolo, egli avrà diritto ad agire solo per la parte corrispondente alla sua quota sull'intero.


SUCCESSIONE EREDITARIA: COLLAZIONE - In tema di successione ereditaria - e nello specifico di collazione - si è espressa la Cassazione, Sezione VI civile, con l'ordinanza n. 2505 del 27.01.2022.

In particolare, la Suprema Corte  ha chiarito la distinzione tra collazione in caso di  cessione di quote societarie e collazione in caso di cessione d'azienda.

Quindi alla prima si applica la disciplina circa la collazione dei beni mobili prevista dall'art. 750 c.c., e ciò perché le quote societarie attribuiscono un diritto personale di partecipazione alla vita societaria e non un diritto reale sul patrimonio societario, distinto dalle persone dei soci.

Diversamente nella collazione di cessione d'azienda si applica la modalità prevista per i beni immobili regolata dall'art. 746 c.c. E questo perché il diritto di proprietà di un'azienda attribuisce al titolare un diritto reale sul complesso organizzato di beni (mobili e immobili) che costituiscono tale azienda. Quindi, qualora si proceda per imputazione, deve tenersi conto del valore dell'azienda, quale complesso organizzato, e non di quello delle singole cose che la compongono.


DANNO DA PERDITA DEL PROSSIMO CONGIUNTO - In tema di danno da perdita del prossimo congiunto si è espressa la Cassazione, Sezione VI civile , con l'ordinanza n. 8218 del 24.03.2021 stabilendo quanto segue.

Partendo dal presupposto che, se da una parte, occorre certamente evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata del riconoscimento di una lesione in favore di soggetti secondari, dall'altra parte non può costituire motivo di esclusione del diritto al risarcimento in favore del congiunto il fatto che tra quest'ultimo e la persona deceduta non sussistesse una convivenza.

Infatti il congiunto non convivente che lamenti la perdita e richiede il danno è ammesso a dimostrare l'esistenza in concreto di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto.

A tale proposito, quindi, la convivenza non può assurgere a connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità dei rapporti parentali ovvero a presupposto dell'esistenza del diritto in parola ma può sicuramente costituire un elemento probatorio utile, unitamente ad altri elementi, a dimostrare l'ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare anche il quantum debeatur.

Inoltre la Suprema Corte lascia aperta la possibilità di estendere il riconoscimento della lesione anche in favore di coloro che non erano legati alla persona deceduta da un rapporto parentale e/o da un vincolo di sangue. Tali soggetti ben possono essere individuati, ad esempio - ferma la dimostrata esistenza di un intenso rapporto affettivo consolidato nel tempo - nei figli del coniuge o del convivente. 


SUCCESSIONE DELLA SOCIETA' ESTINTA - In tema di SUCCESSIONE DEI RAPPORTI OBBLIGATORI  a seguito dell'estinzione di una società, si è espressa la Corte di Cassazione, Sezione V civile, con l'ordinanza n. 3454 del 11.02.2021.

Con tale decisione la Suprema Corte ha stabilito che a seguito alla cancellazione dal registro delle imprese di una società, e alla conseguente estinzione della stessa, si verifica un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale i rapporti obbligatori facenti capo alla persona giuridica non si estinguono. Gli stessi, infatti, si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono: i) nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione se la società era <<di capitali>>; o ii) illimitatamente se la società era <<di persone>>.

Alla stessa maniera i soci, in qualità di successori della società, subentrano nella legittimazione processuale facente capo all'ente, in situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali. 


AMMINISTRATORI DI FATTO - In tema di RESPONSABILITA' DEGLI AMMINISTRATORI DI FATTO NELLE SOCIETA' DI CAPITALI si è espressa la Corte di Cassazione, sezione Prima Civile, con l'ordinanza n. 27130 del 8.10.2020.

La Suprema Corte parte dal presupposto che, ai fini del riconoscimento della qualità di amministratore di fatto, è necessario che l'ingerenza di quest'ultimo nella gestione della società, attraverso le direttive e il condizionamento delle scelte operative, presenti i caratteri di sistematicità e completezza e non si esaurisca, quindi, nel compimento di atti eterogenei ed occasionali. Ciò anche senza un'investitura formale da parte della società stessa.
Posto ciò, nella citata decisione viene stabilito che la disciplina della responsabilità degli amministratori delle società di capitali è applicabile anche a coloro i quali si siano ingeriti nella gestione sociale in assenza di una qualsivoglia investitura ossia agli amministratori di fatto.
Infatti costoro esercitano sotto il profilo sostanziale nell'ambito sociale un'influenza che trascende la titolarità delle funzioni, con poteri analoghi se non addirittura superiori a quelli spettanti agli amministratori di diritto, sicchè possono concorrere con questi ultimi a cagionare un danno alla società attraverso il compimento o l'omissione di atti di gestione.


INIZIATIVA PER LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO - In tema di INIZIATIVA PER LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO si è espressa la Suprema Corte- consolidando il proprio orientamento - con l'ordinanza n. 21144 del 2.10.2020 con cui viene affermato quanto segue.

La decisione parte dal presupposto che il richiamo dell'articolo 6 della Legge fallimentare al "creditore", senza alcuna specificazione ulteriore, deve intendersi riferito a colui che vanta un credito nei confronti dell'imprenditore.

Quindi laddove, con la succitata norma, viene stabilito che il fallimento è dichiarato su istanza di uno o più creditori, non è necessario che il credito vantato sia stato preliminarmente oggetto di un definitivo accertamento in sede giudiziale e tantomeno che l'eventuale titolo ottenuto sia già reso esecutivo.

E' invece sufficiente un accertamento incidentale sul credito da parte del giudice, all'esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell'istante. In sostanza ciò che rileva è che durante il procedimento prefallimentare il credito risulti prima facie esistente e che l'impresa fallenda si trovi in uno stato di impotenza economica.

Tale accertamento incidentale non viene effettuato dal Tribunale laddove l'esistenza del credito azionato risulti già accertata con una pronuncia giudiziale a cognizione piena.

Contrariamente, nell'ipotesi in cui l'esistenza e la titolarità del credito di chi ha agito non vengano riconosciute, la dichiarazione di fallimento non può essere pronunciata, pur in ricorrenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi di fallibilità.

In ogni caso non ha alcun rilievo il fatto che i crediti posti alla base del ricorso per dichiarazione di fallimento non siano stati successivamente ammessi al passivo.



MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI - In materia di PRESUPPOSTI per cui IL FIGLIO MAGGIORE DI ETA’ CONVIVENTE può ottenere il MANTENIMENTO DAI PROPRI GENITORI si è espressa la Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, con l'ordinanza n. 17183 del il 14 agosto 2020.
 In particolare la Suprema Corte ha precisato I LIMITI entro cui il figlio maggiorenne "convivente" può ottenere IL MANTENIMENTO a carico dei propri genitori, puntualizzando che:
 i) ultimato il prescelto percorso formativo (scuola secondaria, facoltà universitaria, corso di formazione professionale), il maggiorenne debba adoperarsi per rendersi autonomo economicamente;
 ii) per raggiungere il suddetto obbiettivo egli è tenuto ad impegnarsi razionalmente e attivamente per trovare un'occupazione;
 iii) la ricerca dell'occupazione dovrà tenere conto delle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro;
 iv) qualora le opportunità offerte siano inferiori alle proprie aspirazioni, queste ultime dovranno essere ridimensionate.
Ciò in quanto, secondo la Corte, il maggiore d'età non può ostinarsi e indugiare nell'attesa di reperire il lavoro reputato consono alle sue aspettative, non essendogli consentito di fare abusivo affidamento sul supposto obbligo dei suoi genitori di adattarsi a svolgere qualsiasi attività pur di sostentarlo ad oltranza nella realizzazione (talvolta velleitaria) di desideri ed ambizioni personali.


PROVA TESTIMONIALE DI UN CONTRATTO - IN PUNTO DI INAMMISSIBILITA' DELLA PROVA TESTIMONIALE DI UN CONTRATTO CHE DEVE ESSERE PROVATO PER ISCRITTO, le Sezioni unite civili della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16723 del 5.08.2020 hanno risolto un contrasto nella giurisprudenza di legittimità.
In particolare i Giudici hanno affermato che, in siffatta ipotesi, ai sensi dell'art. 2725, comma 1, c.c., l'eccezione di inammissibilità, attenendo alla tutela processuale di interessi privati, non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima dell'ammissione del mezzo istruttorio.
Non solo.
Nell'ipotesi in cui, nonostante l'eccezione di inammissibilità, la prova sia stata ugualmente assunta, spetta alla parte interessata opporne la nullità secondo le modalità dettate dall'art. 157, comma 2, c.p.c. e, pertanto, rilevandola - eventualmente ancora una volta - nella prima istanza e/o difesa successiva all'atto di assunzione della suddetta prova.
Qualora tale eccezione non sia stata quindi sollevata tempestivamente e secondo le modalità sopra indicate, la prova rimane ritualmente acquisita e la nullità possa più essere fatta valere in sede di impugnazione.
 

DANNI DA VIZI DELL'OPERA APPALTATA - In tema di RESPONSABILITA' per I DANNI A TERZI CAGIONATI da VIZIO progettuale dell'OPERA APPALTATA, si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12882 del 26.06.2020.
Con la suddetta decisione è stato statuito che se la realizzazione di un'opera arreca a terzi danni derivanti da un vizio del progetto fornito dal committente - e non da una incauta esecuzione - sussiste LA CONCORRENTE RESPONSABILITÀ RISARCITORIA DELL'APPALTATORE E DEL COMMITTENTE stesso.
Quindi, se il primo è tenuto al risarcimento quando, con la diligenza professionale ex art. 1176 cod.civ., si sarebbe potuto avvedere del vizio progettuale e non l'abbia fatto; il secondo è sempre obbligato al risarcimento per aver ordinato l'esecuzione di un progetto elaborato scorrettamente.


REVOCATORIA FALLIMENTARE - La Suprema Corte con l'ordinanza n. 13165 del 30.06.2020 si è nuovamente pronunciata in materia di revocatoria fallimentare.
 In particolare la suddetta Corte, in tema di pagamento di debiti del fallito, ha statuito che la citata azione revocatoria è esperibile, ai sensi dell'art. 67 della Legge fallimentare, anche quando il pagamento sia stato effettuato da un soggetto terzo, a condizione che quest'ultimo abbia pagato il debito: i) con il danaro dell'imprenditore poi fallito; oppure ii) con danaro proprio, a patto che, dopo aver pagato, tale soggetto terzo abbia esercitato azione di rivalsa - con esito positivo - prima dell'apertura del fallimento.


RISARCIMENTO DEI DANNI MORALI - IN TEMA DI RISARCIMENTO DEL DANNO MORALE si è espressa la Corte di Cassazione, Sezione III^ civile, con l'ordinanza n. 9865 del 26 maggio 2020 stabilendo che non costituisce duplicazione la congiunta attribuzione del "danno biologico" e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale. Questi ultimi, infatti, sono estranei alla determinazione medico-legale del grado di percentuale di invalidità permanente e sono, invece, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione).
Pertanto laddove venga dimostrata l'esistenza di uno di tali pregiudizi, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione - rispetto al danno biologico oggetto di esame medico-legale - mediante il criterio della liquidazione equitativa ex art. 2056 cc.
 Tale tipologia di pregiudizi tuttavia non deve essere confusa con la sofferenza fisica (somatica e psichica) che rileva sul piano del danno biologico, in quanto accertabile con criteri propri della medicina-legale.


CERTIFICATO DI AGIBILITÀ - IN TEMA DI IMMOBILE PRIVO DEI CERTIFICATI DI ABITABILITA' O DI AGIBILITA' E DI CONFORMITÀ ALLA CONCESSIONE EDILIZIA si è espressa la Corte di Cassazione, Sezione II civile, con l'ordinanza n. 9226 del 20.05.2020, stabilendo che IL RIFIUTO del promissario acquirente DI STIPULARE la compravendita definitiva di un immobile privo dei suddetti certificati (anche ove il mancato rilascio dipenda da inerzia del Comune, nei cui confronti è obbligato ad attivarsi il promittente venditore) E' da ritenersi GIUSTIFICATO perchè l'acquirente ha interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all'acquisto, e cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene, per cui i predetti certificati devono ritenersi essenziali.


VIZI DEL LASTRICO SOLARE - IN TEMA DI RIPARTIZIONE DELLE SPESE PER I LAVORI DI EMENDA RELATIVI A VIZI DI COSTRUZIONE DEL LASTRICO SOLARE si è espressa la Corte di Cassazione, Sezione II^ civile, con l'ordinanza n. 6088 del 4.03.2020 stabilendo che, ai sensi dell'art. 1126 c.c., le suddette spese rimangono a carico, in concorso tra loro, del proprietario esclusivo (o dei proprietari esclusivi) del lastrico solare e del condominio. Ciò a prescindere dalle cause genetiche della necessità dell'intervento e, comunque, fatta salva, se possibile, l'azione di rivalsa nei confronti del costruttore (conforme a Cassazione civile, Sezioni Unite, n. 9449/2016).


RESPONSABILITÀ MEDICA DELL'OSPEDALE
- In tema di responsabilità medica dell'ospedale, la sentenza n. 5128 del 26.02.2020 della Suprema Corte ha stabilito che qualora un paziente -il quale voglia agire in giudizio per accertare la responsabilità contrattuale della struttura per l'inadempimento della prestazione sanitaria- deve fornire: i) la prova del contratto sociale; ii) l'aggravamento della situazione patologica pre-esistente all'intervento (ad esempio allegando l'insorgenza di nuove patologie per effetto del predetto intervento); e iii) il relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari.
A carico dell'ente sanitario rimane la prova che: i) la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente; e ii) gli esiti sono stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile. In altre parole l'ente deve dimostrare che l'inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.
Pertanto nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, qualora emerga che la causa del danno, secondo il criterio del "più probabile che non", sia rimasta assolutamente incerta, la domanda del paziente deve essere rigettata.


DANNO DA PERDITA DELLA CAPACITÀ LAVORATIVA - Il danno da perdita della capacità lavorativa (ossia la riduzione della capacità di un soggetto di produrre reddito attraverso lo svolgimento del proprio lavoro) sofferto da un soggetto vittima di un sinistro, secondo l'ordinanza n. 5458 del 28.02.2020 della Corte di Cassazione, sezione sesta civile, deve essere quantificato sommando: i) i redditi (stipendio ecc.) perduti dalla vittima dal momento dell'illecito a quello della liquidazione; e ii) la capitalizzazione dei redditi futuri che la vittima del sinistro presumibilmente perderà, dal momento della liquidazione in poi, calcolato tenendo conto di fattori quali l'età della vittima.


DANNI NON PATRIMONIALI SPETTANTI AI PROSSIMI CONGIUNTI - La Suprema Corte ha riconosciuto il risarcimento dei danni non patrimoniali patiti dai prossimi congiunti (ad esempio fratelli, sorelle, genitori) di colui il quale ha subito delle lesioni non lievi in un sinistro causato dalla condotta di altro soggetto. In particolare la Corte di Cassazione Sez. III civile con ordinanza n. 7748 del 08.04. 2020 ha stabilito che "Dalle lesioni inferte a taluno possono derivare, in astratto, per i congiunti sia una sofferenza d'animo (danno morale), sia un danno biologico (una malattia), anche essa senza rilevanza alcuna sulle abitudini di vita.......il danno subito dai congiunti è diretto, non riflesso, ossia è la diretta conseguenza della lesione inferta al parente prossimo, la quale rileva dunque come fatto plurioffensivo, che ha vittime diverse, ma egualmente dirette.......Con la conseguenza che la lesione della persona di taluno può provocare nei congiunti sia una sofferenza d'animo sia una perdita vera e propria di salute, come una incidenza sulle abitudini di vita."
La suddetta Corte ha precisato altresì che "Il rapporto di stretta parentela esistente fa presumere, secondo un criterio di normalità sociale (ossia ciò che solitamente accade) che genitori e fratelli soffrano per le gravissime permanenti lesioni riportate dal congiunto prossimo".


CATTIVA MANUTENZIONE DELLE STRADE - ln tema di responsabilità della corretta manutenzione delle strade e, quindi, di garanzia della sicurezza della circolazione stradale si è espressa la Corte di Cassazione, sezione III civile, con l'ordinanza n. 6651 del 9.03.2020, stabilendo che "l'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito, benchè non abbia la custodia dei fondi privati che la fiancheggiano e, quindi, non sia tenuto alla loro manutenzione, ha l'obbligo di vigilare affinchè dagli stessi non sorgano situazioni di pericolo per gli utenti della strada, nonchè - ove, invece, esse si verifichino - quello di attivarsi per rimuoverle o farle rimuovere, sicchè è in colpa, ai sensi del combinato disposto dell'art. 1176 c.c., comma 2 e art. 2043 c.c., qualora, pur potendosi avvedere con l'ordinaria diligenza della situazione di pericolo, non l'abbia innanzitutto segnalata ai proprietari del fondo, nè abbia adottato altri provvedimenti cautelativi, ivi compresa la chiusura della strada alla circolazione".


MANTENIMENTO DEI FIGLI DOPO IL DIVORZIO - IN TEMA DI MANTENIMENTO DEI FIGLI MINORI O NON ECONOMICAMENTE INDIPENDENTI A SEGUITO DEL DIVORZIO DEI GENITORI, la Giurisprudenza di merito è concorde nel ritenere che all'ex coniuge prevalentemente collocatario dei figli va riconosciuta la disponibilità di risorse che: i) siano commisurate al mero parametro dell'autosufficienza e ii) tengano conto anche dell'impegno di accudimento dei minori ai quali dovrà essere tendenzialmente garantito lo stesso tenore di vita pre-matrimoniale.
Quindi IL CONIUGE PREVALENTEMENTE COLLOCATARIO DEI FIGLI AVRÀ DIRITTO AD UN ASSEGNO PER IL MANTENIMENTO DEI FIGLI STESSI CHE DOVRÀ ESSERE COMPRENSIVO: a) delle spese quotidiane da sopportare in favore dei figli stessi; b) dell'esigenza di valorizzare i maggiori compiti di cura assunti nei confronti dei figli; e c) della necessità di evitare eccessive e stridenti disparità tra lo stile di vita dei figli e quello del genitore che principalmente dovrà continuare ad occuparsi di loro. (tra le tante: sentenza del Tribunale di Arezzo del 05/07/2017)